Sul colle che, dal Monte San Giorgio, si spinge verso sud fino alla pianura,  sorgono tre castelli che, insieme ad altri edifici, sono all’interno delle mura di fortificazione dell’antico ricetto.

Il castello che sorge più in alto è anche il più antico e risale al X-XI secolo.
Viene detto “Castellaccio” o “Gran Merlone”, con riferimento all’appellativo “Merlo”, frequente nella famiglia dei Piossasco, attestata dall’XI secolo.
Secondo alcuni studiosi la parte più antica del Castellaccio potrebbe avere origini longobarde. Lo testimonierebbe la collocazione e la natura del sito, addossato al rilievo più avanzato verso la pianura, a metà strada tra le valli di Susa e del Chisone.
Questa posizione era particolarmente vantaggiosa e ha probabilmente suggerito ai Longobardi l’idea di collocarvi una delle numerose fortificazioni della loro rete difensiva, indispensabile per contenere l’invadenza dei Franchi, padroni del tronco occidentale della valle di Susa.

Il secondo castello, detto “Piossasco-DeRossi“, è stato eretto tra il  XVII ed il XVIII secolo ma non fu mai terminato. La struttura risulta molto asimmetrica, probabilmente perché  l’opera è incompiuta: con ogni probabilità il corpo sopraelevato doveva svilupparsi nella zona centrale, con la conseguente aggiunta di un altro corpo anche sulla sinistra.

Il terzo castello è chiamato “dei Nove Merli”, per ricordare lo stemma dei Conti di Piossasco. È stato costruito tra il 1300 ed il 1400 e rimaneggiato nei secoli seguenti.
Fu posseduto indiviso dalla famiglia dei Piossasco, formata da quattro rami: i de Feys, i de Rubeis (Rossi), i de Federicis e i de Folgore. Nel 1775 uno dei proprietari fu il conte di Bardassano, mentre dal 1834 l’edificio fu di proprietà del conte Luigi Piossasco-None, padre dell’ultima discendente della casata.

Nei pressi del Castello dei Nove Merli sorge la Cappella di San Pietro, ricordata la prima volta nel 1226, in un documento relativo ad una transazione tra i Signori di Piossasco e la Certosa di Monte Benedetto (Val di Susa).
Al suo interno un recente restauro ha portato alla luce un ciclo di affreschi della seconda metà del XIV secolo raffiguranti una Madonna con Bambino e alcuni volti di santi fra cui Cosma, Damiano, Antonio Abate e Caterina.

La cinta muraria dell’antico ricetto è ben conservata, soprattutto lungo via del Campetto.
Il suo sviluppo ha certamente subito nel tempo delle modificazioni dovute principalmente al venir meno della necessità di difesa del Castello e al desiderio di racchiudere sia le vecchie che le nuove edificazioni signorili.

Per accedere al ricetto esistevano diverse porte di accesso. Quella che si apriva sul lato ovest, Porta Testaferro, è ora perduta, mentre la porta situata ad est, detta Porta Nuova o d’Oriente, viene usata ancora oggi quando si giunge da San Vito.

Durante le giornate di Porte Aperte nel Borgo di San Vito non si raggiungerà il Gran Merlone la cui visita sarà organizzata in alcune date specifiche e con un itinerario dedicato.

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